ACRI: Elezioni, Intervista a Giuseppe Cristofaro
Giuseppe Cristofaro è il candidato a sindaco del centrosinistra ed è sostenuto da cinque liste: Pd, Sel, Partito Socialista Italiano, Acri bene Comune e Patto per la città.
Prof. Cristofaro, cosa l’ha spinta, dopo circa vent’anni, a rimettersi in gioco?
Innanzitutto una forte domanda, proveniente soprattutto dal mondo giovanile: cambiare una politica chiusa, spesso nel recinto delle appartenenze, e dar vita a una nuova stagione di partecipazione democratica. In sostanza, ho voluto accettare la sfida di un autentico cambiamento.
Cosa risponde a chi non la ritiene la persona più giusta per cambiare?
Nel corso della mia esperienza politica sono sempre stato una sorta di testimonial di una politica nuova e forse anche per questo negli ultimi anni sono rimasto un po’ ai margini. Il cambiamento non è solo un fatto anagrafico, ma ha molto a che fare con le idee da mettere in campo.
Il mio obiettivo è quello di guidare un mondo di forze fresche per preparare la classe dirigente che verrà.
Un giudizio sui suoi due avversari, Nicola Tenuta e Luigi Maiorano…
Tenuta è un amarcord. Preferisce ricordare la realizzazione di qualche piazza, ma dimentica i 156 precari mandati a casa e recuperati dal centrosinistra, i debiti lasciati, come i 4,5 milioni di euro di incarichi legali, o l’esosa esternalizzazione dei trasporti scolastici. Se la sua è stata una esperienza amministrativa così brillante, non si capisce perché abbia perso nel 2005.
Maiorano invece paga il prezzo della crisi e della confusione del centro – destra negli ultimi tre anni. Lotta contro le ombre di promesse mai realizzate.
Veniamo al programma. Cosa può fare il Comune per arginare questa crisi devastante, che non è solo economica, ma anche sociale?
Certo, un Comune non può garantire posti di lavoro, ma qualcosa può e deve fare. Penso, ad esempio, a una politica dei servizi che possa coinvolgere, oltre alle risorse umane dell’ente, anche cooperative sociali e disoccupati. Bisogna poi recuperare risorse attraverso l’abbattimento dei costi. Penso al Piano Energetico delle fonti rinnovabili o ai costi della politica. Io sono un privilegiato che percepisce un vitalizio dalla Regione, quindi rinuncerò, in caso di elezione a sindaco, all’indennità di circa tremila euro lordi al mese e decurterò quelle degli assessori. Con quello che recupereremo, insieme alle associazioni culturali, sociali e di volontariato, realizzeremo progetti da concordare. C’è poi la necessità di una politica dei lavori pubblici che dia lo spazio necessario al recupero e alla valorizzazione dell’esistente, oltre alla costruzione di nuove opere. Dobbiamo inoltre valorizzare quelle eccellenze produttive, con particolare riferimento al mondo dell’agricoltura, che continuano a ricevere riconoscimenti ovunque e che costituiscono altrettante possibilità di crescita.
In questo contesto, che ruolo gioca il Piano Strutturale Comunale?
Il Psc va visto non solo come possibilità di crescita economica del territorio, ma come uno strumento attraverso cui costruire una nuova e migliore qualità della vita di ognuno e della comunità. Costi quel che costi, ma il Psc va approvato entro un anno, anche per dimostrare la crescita di una politica che non riesce a farlo da decenni.
fonte: Il Quotidiano della Calabria