Acri-L’Acra vuole riportare ad Acri reperti archeologici custoditi a Sibari
ACRI – Nei giorni scorsi, nella sede municipale, si è tenuto un incontro tra l’Acra (Associazione Culturale per la Ricerca Archeologica), rappresentata dal presidente Cofone e dal signor Cerenzia, l’amministrazione comunale, con gli assessori Capalbo e Ferraro, il Prof. Vanzetti, dell’Università “La Sapienza” di Roma, e il Dott. D’Alessio, responsabile del Museo di Sibari.
In questa circostanza, come si apprende da una nota dell’associazione, “l’Acra ha chiarito all’amministrazione comunale, nonché al responsabile del Museo di Sibari, dove sono custoditi i numerosi reperti archeologici di Acri, la volontà di voler al più presto riportarli ad Acri e custodirli in una stanza del Palazzo Sanseverino-Falcone perché possano essere ammirati da tutti gli appassionati di archeologia”.
Gli scavi a cui si riferiscono i reperti si erano conclusi il 14 ottobre 2008 e riguardavano un sito archeologico, scoperto per puro caso, durante la costruzione dell’edificio scolastico “Falcone” nel 1996, quando il Prof. Palermo recuperò un consistente gruppo di frammenti ceramici di interesse archeologico dal terreno di risulta.
In seguito alla segnalazione e alla consegna dei reperti alle competenti autorità, la Soprintendenza Archeologica della Calabria interessò l’équipe di ricerca e studio della cattedra di Protostoria dell’Università “La Sapienza” di Roma a effettuare una verifica sul terreno.
Dopo un primo sopralluogo, che si limitò al rilievo di una sezione stratigrafica e al prelievo di alcuni frammenti ceramici, vennero concordate con la Soprintendenza, il Comune di Acri e la Provincia di Cosenza le misure di protezione del deposito archeologico residuo.
La prima campagna di scavi ebbe inizio nel 1999, si estese in superficie, ma soprattutto significativo si rivelò un saggio in profondità, il quale giunse a ricostruire l’intera sequenza stratigrafica in cui sono rappresentati due momenti di occupazione: il primo risale a un momento finale dell’eneolitico, il secondo a una fase avanzata dell’età del bronzo.
Gli scavi furono proseguiti nel 2000, sempre dall’équipe del Prof. A. Vanzetti e portarono all’asporto del primo livello di occupazione del bronzo antico e all’esposizione e asporto parziale del secondo, età del rame.
Dopo una sospensione durata 7 anni circa, i lavori ripresero, portando ad alcune attese conferme, quali la definitiva conferma dell’esistenza di una capanna, di cui si è individuato un limite ben preciso, l’esistenza di uno strato neolitico, del quale, oltre alle osservazioni tipologiche sviluppabili sulla base dei frammenti ceramici, si può ora tentare la datazione assoluta, impiegando i carboni restituiti dallo strato.
Piero Cirino
Da “Il Quotidiano del Sud “ del 14-02-2015.