La valle del Mucone come nuovo sistema di orti, di colture e sperimentazioni.
La nostra è un’idea progettuale per la vallata del Mucone, più esattamente dell’area compresa tra la Centrale idroelettrica e il Ponte Mucone, un’area piuttosto grande in cui progettare e organizzare un sistema di orti, di colture e di sperimentazioni.
Oggi quest’area è pressoché improduttiva e quasi in abbandono, ma potrebbe assumere un ruolo strategico di grande rilevanza negli anni a venire, e da più punti di vista, non solo in termini di nuove forme di agricoltura intensiva e produttiva, ma anche come forma essenziale di difesa idrogeologica del suolo e dagli incendi.
L’origine della nostra proposta è un artificio che nasce agli inizi del ‘900 nelle pagine della ‘Critica sociale’, e proprio su questa rivista, un geniale ing. Idraulico, Angelo Omodeo ipotizzò la sua soluzione tecnica al problema del Mezzogiorno.
Omodeo, autore di importanti opere idrauliche per il suo periodo, vede nello sviluppo dell’industria idroelettrica la chiave di volta dell’impalcatura del suo sistema progettuale.
Catturare energia con la creazione di bacini artificiali, cioè di laghi artificiali, strumenti operativi predisposti a “valorizzare le capacità produttive agricole e industriali del Mezzogiorno, e soprattutto strumenti che possano ”saldare insieme interventi di bonifica idraulica e agraria, aumento delle disponibilità idriche per l’irrigazione e lo sviluppo di una moderna agricoltura, creazione di rilevanti fonti di energia idroelettrica a buon mercato capace di stimolare anche nelle regioni meridionali lo sviluppo industriale e, in particolare, l’insediamento delle nuove industrie ad alto consumo di energia, come quelle elettrochimiche, dei prodotti azotati e dei concimi chimici. (AA. VV: L’Italia elettrica. Marsilio, Venezia Pag.74).
Nell’area che ci interessa, e cioè la Sila, Omodeo studia e progetta la riorganizzazione del sistema di acque delle valli superiori della Sila e “la loro integrale utilizzazione a scopi idroelettrici per poi restituirle pienamente regolate a valle per le eventuali irrigazioni delle piane costiere ormai salvaguardate dagli effetti spesso catastrofici delle piene.
L’effettiva realizzazione dell’intero sistema Sila avvenne per gradi e fu, sostanzialmente, ultimata in due periodi, il primo negli anni 20/30 del secolo scorso, e ha riguardato il bacino del Neto verso la piana di Crotone, il secondo nel dopoguerra nella zona settentrionale dell’altopiano.”
Prima di concludere il discorso sul progetto Omodeo è necessario descrivere la natura dell’Altopiano Silano e dire qualcosa sul sistema delle acque, con alcuni riferimenti all’intera regione.
Un primo carattere essenziale e da tenere costantemente presente in ogni discorso generale sul territorio è questo: la fragilità e vulnerabilità del territorio fisico della regione Calabria è un dato storicamente acquisito e deriva proprio dalla natura fisica del suo territorio.
La parte settentrionale della regione ha una maggiore superficie di innevamento che, al di sopra dei 1200 m persiste mediamente 2-3 mesi ed è interessata da una maggiore piovosità.
La prima area, nel gruppo calcare del Pollino, dispone di un notevole serbatoio naturale, con una catena di un migliaio di sorgenti, mentre nel rilievo silano, dove oltre a numerose sorgenti, ogni fiume che vi si ha origine ha un corso discretamente lungo, e la natura dei grandi boschi silani limitano fortemente l’evaporazione dell’acqua, mentre ricevono una buona alimentazione da parte di quelle nevi che “l’altopiano,tra le sue ondulazioni e la sua fredda cortina di boschi, conserva più a lungo del Pollino ripido e nudo”. Per questi motivi gli unici fiumi della Calabria sono quelli che da questi gruppi di monti prendono le loro acque: e cioè Lao e Coscile, Crati e il suo affluente Mucone, il Trionto, il Neto e il Tacina, l’Amato, il Savuto e il Corace. La Sila è dunque comune matrice del gruppo di fiumi ora nominati e consente loro più notevoli decorsi (il Crati misura 93 km, il Neto 85, l’Amato 53 e il Savuto 50) mentre i bacini hanno una discreta ampiezza (Crati 1468 kmq, Neto 1087, Amato 467, Savuto 410). Nel 1950 venne ripreso il progetto per l’utilizzazione delle risorse idriche dell’Altopiano della Sila: le opere interessarono il fiume Mucone, affluente del Crati, che da Cosenza sale verso nord, seguendo il confine del massiccio silano per sfociare nella piana di Sibari e da qui nel mar Jonio. Le linee progettuali degli impianti Mucone erano simili a quelle degli altri impianti silani. Il lago Cecìta, detto anche Mucone, è un lago artificiale realizzato per la produzione di energia elettrica situato in provincia di Cosenza.
Il lago è stato realizzato sbarrando con una diga il fiume Mucone che nasce alle pendici del monte Serra Stella, situato tra Monte Curcio e Monte Scuro, per poi scendere repentino verso la valle del Crati. La diga è stata costruita nella vallata del Cecìta nei pressi dell’omonimo torrente, affluente destro del Mucone, da cui prendono il nome, oltre alla valle stessa, anche la diga e il lago. I lavori, iniziati nel 1947, sono stati realizzati dalla società Lodigiani, oggi gruppo Salini Impregilo S.p.A., per conto della S.M.E. (Società Meridionale di Elettricità) di Napoli e furono ultimati nel 1951. In seguito alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, avvenuta nel 1962, il lago e gli impianti idroelettrici annessi sono passati sotto il controllo dell’ENEL.
Ma ritorniamo dunque alla ‘Centrale’ come punto di ‘ripartenza, di un discorso non solo come ‘inizio’ del sistema degli orti, ma anche come luogo di esposizione e forse anche di sperimentazione nei suoi spazi interni (la lunghissima galleria interna), ma è un’ipotesi da valutare e da verificare.
E ritorniamoci anche come luogo che produce ‘energia’ -che un tempo veniva immessa in tutto il Mezzogiorno- e che oggi continua a produrre, sia pure unitamente ad altre fonti energetiche. È una centrale di grande importanza strategica, perché per decenni ha fornito energia elettrica all’intero Mezzogiorno Oggi, nella nostra ipotesi, potrebbe essere riutilizzata come risorsa essenziale per il sistema degli orti, ma anche come risorsa aggiuntiva per i bisogni delle comunità.
La nostra idea progettuale, come dicevamo all’inizio, è quella di un sistema continuo, e sui due lati del fiume Mucone, di orti, per una lunghezza di circa 11 km per ogni lato e quindi pressoché 22 km complessivi. Un sistema di questo genere in questa sede può essere solo enunciato nelle sue linee generali e nelle sue finalità. È un progetto che sarà studiato da un certo numero di figure professionali: da geometri per lo studio della proprietà fondiaria e la morfologia del terreno, da geologi per la natura fisica del terreno, da ingegneri idraulici per gli impianti, da architetti e paesaggisti per il disegno del sistema, da agrari per le tipologie di colture, e le ipotesi di sperimentazioni.
Si tratterà nei prossimi mesi e nei prossimi anni di organizzarlo in un progetto coerente e che tenga conto di una serie di implicazioni di grande interesse.
Bisogna riprendere il discorso di un possibile sviluppo, proprio a partire dall’“artificio” dell’energia ma con una strategia complessiva a grande scala, altrimenti si rischia di riproporre piccole nicchie di agricoltura sofisticata e di qualità che da un punto di vista economico e anche occupazionale restano nella dimensione della marginalità, seppure di qualità alta.
Sistema degli orti significa non solo e semplicemente un insieme di orti, uno accanto all’altro, ma un sistema lineare continuo, per la morfologia del terreno può avere anche dei ‘punti’ di discontinuità.
È un sistema soprattutto di orti sperimentali, dove è possibile sperimentare nuove specie di ortaggi e di frutti che non appartengono alle nostre tradizioni, e dove è possibile studiare nuovi microclimi adatti a specie che potrebbero rivelarsi sorprendenti.
Oggi la vallata del Mucone si presenta nella sua stupenda bellezza come una vallata incolta, abbandonata, inselvatichita, senza più i segni dell’uomo, delle sue operosità, del suo lavoro.
Il territorio per decenni è stato lasciato all’incuria, all’abbandono, al degrado e soprattutto ha subito pesanti ripercussioni sia in termini di dissesto idrogeologico che in termini di ‘modifiche’ e trasformazioni ambientali.
Quello che è assolutamente fondamentale è riportare la presenza dell’uomo nei due lati del Mucone, cioè nell’intera vallata.
Riportare la presenza umana in queste aree non è solo un valore aggiuntivo, ma significa presidiare in maniera concreta con il lavoro un sistema di aree che altrimenti è destinato alla rovina, significa intervenire nel sistema idrogeologico con una presenza puntuale e continua, significa una enorme prevenzione antincendio e di salvaguardia, in breve un ventaglio di vantaggi di grande rilevanza.
Tutto il sistema degli orti dovrebbe essere posto non a ridosso del fiume e del suo letto, ma a più quote differenziate, tra 20 e 30 metri dalla quota del fiume, seguendo anche l’andamento e la morfologia del terreno, e questo per le ovvie ragioni di evitare esondazioni o inondazioni che potrebbero distruggere le colture: quindi gli orti devono stare a una quota di sicurezza.
Dovranno essere serviti da una pista in terra battuta larga 2,50 m che possa permettere le fasi di trasporto ecc.
Questo sistema di orti è costituito da quote piccole, da 1000 a 3000 mq è un organismo fisico controllabile nella sua dimensione.
Cosa significa controllabile? Significa poterlo gestire senza eccessive difficoltà di ‘tecniche’, significa impiantare un’alta produttività anche di mezzi e di sistemi irrigui. Significa tenerlo in ordine e in perfetta efficienza per tutto l’anno.
Proprio per l’insieme di queste osservazioni, la progettazione di un sistema di ‘orti’ assume un ruolo e un valore strategico. Il sistema degli orti può costituire un formidabile sistema di intervento sul fenomeno del dissesto come e come straordinario deterrente antincendio.
Se questo progetto funziona in quest’area (dalla Centrale a Ponte Mucone) può essere riproposto in molti fiumi all’interno del sistema idrico dei fiumi della Calabria, anche con modalità e linee di intervento differenti, e declinando le esigenze specifiche dei singoli territori e delle singole aree di altri fiumi, ma sempre a partire dai due cardini essenziali di questo progetto, e cioè l’uso dell’acqua e l’uso delle coste dei fiumi come sedi degli orti, con tutte le implicazioni fatte.
Giacinto Ferraro- Cristina Molinari