L’acrese Giuseppe Veloce alla corte di Alessandro Borghese
Dalle cucine dei ristoranti acresi alla corte di Alessandro Borghese, a Milano.
E’ il risultato di una straordinaria passione per la cucina che il giovane Giuseppe Veloce ha conseguito, ingrediente dopo ingrediente.
La sua storia ha un inizio simile a tante altre, di giovani accomunati da una valigia fatta di delusione per mancanza di prospettive locali, e comunque piena di aspettative.
Partito giovanissimo avendo come meta il lago di Garda, che conta una comunità acrese significativa, Giuseppe realizza che per arrivare non c’è differenza di latitudini geografiche: occorre mettere in campo il proprio talento, se ne hai, e affinarlo.
Se ne rende conto anche quando, abbandonata l’Italia, si trasferisce in Germania. Anche in terra teutonica i concittadini non mancano, essendo una delle mete preferite del flusso migratorio del dopoguerra, nel secolo scorso.
Qui raggiunge l’esperienza necessaria per affermarsi e farsi riconoscere come chef professionista. Vince la sfida del contest “A suon di Toque Blanche”, per la rivista gastronomica “Cucina a Sud” e di lui si occupa anche il magazine online Eventi culturali.
“Della mia terra – dice Giuseppe – conservo i sapori, gli odori e il modo di cucinare che mia mamma e, soprattutto, mio padre, mi hanno trasmesso”.
Il ricordo più vivo “è l’odore del ragù che mia nonna e mia mamma preparavano la mattina della domenica. Cerco infatti di riproporlo, quando posso, nel mio menu, sia per proseguire la tradizione di famiglia, che per far conoscere la vera cucina italiana”. La sua è una cucina innovativa, nel rispetto della tradizione, che propone i grandi classici italiani, ma rivisitandoli con estro e genio. E’ molto attento alla qualità dei prodotti e sceglie personalmente la materia prima, selezionandola in maniera maniacale, per poi trasformarla.
Ora, con Alessandro Borghese, vive una emozionante sfida professionale, con la consapevolezza di avere una opportunità per valorizzare ulteriormente il suo talento. Con i piedi ben piantati a terra, ma con l’ambizione di chi sa di avere delle ottime carte da giocare.
Piero Cirino