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Platea – Il compleanno del Re del rock and roll: Elvis Presley oggi avrebbe 90 anni.

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In una terra che all’origine era abitata da nativi indiani, dove sorge la citta di Tupelo, in Mississippi, l’8 gennaio 1935 venne al mondo Elvis Aaron Presley, colui il quale il mondo, almeno quello della musica, era destinato a cambiarlo, come un novello Messia. Il suo messaggio ricorrente era «Do something worth remembering» ossia: “Fai qualcosa che valga la pena ricordare”. Keith Richards ha detto: “Prima di Elvis Presley il mondo era in bianco e nero. Poi è diventato un grandioso technicolor”.  Mentre secondo John Lennon, l’avvento di Presley sta alla musica come il Big Bang all’universo: prima di lui, il nulla.

In quella città del sud degli Stati Uniti, abitata dalla comunità nera povera e discriminata, Elvis è uno dei pochi bianchi che ha amici di colore e frequenta la Chiesa Evangelica, dove viene in contatto con i canti gospel dai quali viene letteralmente folgorato. Questo gli ha consentito di maturare un suo stile unico che abbinato alla voce calda e profonda, divenuta inconfondibile, ha dato vita a una forma di musica fino ad allora sconosciuta, fondendo il rhythm and blues afroamericano con il country e il pop. La sua carismatica capacità di stare sul palcoscenico ha fatto il resto, facendogli conquistare rapidamente la fama e, soprattutto, il cuore di migliaia di ragazzine americane letteralmente in delirio durante le sue esibizioni, davanti a quei movimenti sensuali del suo bacino, pronte a lanciare gridolini di piacere e indumenti intimi.

La sua carriera è cominciata da giovanissimo, a Memphis dove la sua famiglia si è trasferita; per andare a scuola passava davanti ad uno studio di registrazione, uno di quelli nei quali per pochi dollari puoi registrare una canzone e portarti a casa il disco. Un giorno decide di entrare e cantare una vecchia ballata da regalare alla madre Gladys, casualmente il titolare dello studio, Sam Phillips, la sente. Intuisce. Mette in piedi una formazione atipica per quel tempo composta da chitarra, contrabbasso e batteria da affiancare a quel ragazzino con non sapeva di musica, ma che aveva un orecchio straordinario e si muoveva da dio. Quella sembra proprio una rock band come se ne vedranno solo molti anni dopo. La voce di Elvis si comincia a sentire attraverso la radio e chi ascolta fa fatica a capire se si tratti di un nero che canta il country o un di bianco che fa blues come i neri.

Da li in poi Elvis Presley scalerà le vette del successo che lo porterà a diventare una icona mondiale assoluta, benché lui non abbia mai attraversato i confini nordamericani per le sue esibizioni dal vivo. Hanno contribuito le vendite di oltre un miliardo di dischi, la partecipazione a tantissimi show televisivi, l’essere stato protagonista di diecine di pellicole, anche se alcune delle quali non sono piaciute neanche a lui, girate praticamente tutte negli anni sessanta, dopo il rientro dal servizio militare svolto in Germania tra il 1958 e il 1960. Fu il suo storico manager Tom Parker detto “Il Colonnello”, a portarlo a Hollywood con lo scopo di ridargli una nuova immagine che si era, nel frattempo, offuscata.

La sua vita non è stata solo questo. Ha vissuto molti momenti meno felici, accompagnati da depressione, dovuta forse alla prematura perdita della madre alla quale era da sempre molto legato, e dall’abuso massiccio di anfetamine, barbiturici e alcool per combattere lo stress che lo portarono a pesare fino a 160 chili e che, con tutta probabilità, ne hanno causato la morte per arresto cardiaco, quel 17 agosto del 1977 a soli 42 anni, nella dorata solitudine di casa sua a Memphis. Graceland, dove è contenuta la tomba di Elvis, oggi è diventata un vero e proprio museo; dichiarata Monumento Storico Nazionale è la seconda dimora visitata negli Stati Uniti dopo la Casa Bianca. Circa 800.000 persone vi si recano in pellegrinaggio ogni anno per vedere i luoghi che hanno ospitato il Re in vita; è curioso che, secondo uno studio pubblicato non molti anni fa, il 20% di loro è convinto che sia ancora vivo e abbia inscenato la sua morte per fuggire da una vita di eccessi e che, da qualche parte, abbia spento le sue novanta candeline. Werner Altomare


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