Posticipati di due mesi, sono stati assegnati gli Oscar della 93ma edizione
Con gli annunciati due mesi circa di ritardo sulla data abituale, a causa del COVID, il 25 Aprile scorso si è tenuta la 93ma edizione della cerimonia di consegna dei Premi Oscar. Alla consueta location del Dolby Theatre di Los Angeles, sempre per motivi legati alle misure di sicurezza anti-covid, si è aggiunta la Union Station della città Californiana.
Quest’anno la grande delusione è rappresentata dal film Mank di David Fincher, girato in bianco e nero, che racconta la vita dello sceneggiatore Herman Mankiewicz; favorito alla vigilia con dieci candidature, si è aggiudicato soltanto due statuette: quelle per la scenografia e per la fotografia. Il film, al contrario, che esce benissimo da questa edizione è senz’altro Nomadland, adattamento dall’omonimo libro-inchiesta della giornalista statunitense Jessica Bruder, al quale la Academy ha attribuito il premio per il miglior film, la miglior regia a Chloe Zhao e la migliore attrice protagonista a Frances McDormand, dopo che si era già aggiudicato il Leone d’Oro e il Golden Globe.
Chloe Zhao di origini cinesi, vissuta a Londra, trasferitasi a Los Angeles, è la seconda donna dopo Kathryn Bigelow, nel 2010, a vincere l’Oscar per la regia, la prima donna di origine asiatica. Ha dichiarato che la vittoria di Nomadland rappresenta la vittoria della gentilezza, della capacità di sperare oltre ogni speranza, perché le persone nascono fondamentalmente tutte buone.
La statuetta per il miglior attore protagonista è andata per la seconda volta, dopo quella per Il silenzio degli innocenti del 1992, ad Anthony Hopkins per la sua performance in The father di Florian Zeller, adattamento cinematografico di una piece teatrale dello stesso regista, il quale si è aggiudicato l’Oscar anche per la sceneggiatura non originale. La pellicola era in corsa in sei categorie. L’ottantatreenne attore Gallese non era presente a Los Angeles e, stranamente, neppure era in collegamento audio-video; il giorno dopo ha postato un breve filmato dalla sua casa in Galles, ringraziando la Academy e rivolgendo un tributo a Chandwick Boseman prematuramente scomparso, anche lui candidato come miglior attore protagonista per Ma Rayne’s black bottom.
Minari, il film Coreano che si era aggiudicato il Golden Globe per il miglior film straniero, si è presentato alla cerimonia forte di sei candidature, aggiudicandosi solo quella per l’attrice non protagonista vinto dalla settantaquattrenne Yoon Yeo-Jeong che ha battuto la concorrenza di Maria Bakalova in Borat, Olivia Colman in The father, Amanda Seyfried in Mank e soprattutto di Glenn Close in Hillbilly Elegy, giunta alla sua ottava nomination senza, finora, essere riuscita ad aggiudicarsi il premio.
L’Oscar per il miglior attore non protagonista è stato attribuito al giovane londinese di origini africane Daniel Kaluuya per il ruolo di Fred Hampton, attivista del movimento rivoluzionario The Black Panther, nel film Judas and the black Messiah di Shaka King che si è aggiudicato l’Oscar anche per la migliore canzone, su sei candidature complessive. Nel suo discorso di ringraziamento, Kaluuya ha ricordato l’attivista ucciso all’età 21 anni.
La statuetta per la sceneggiatura originale è andata a Emerald Fennel per Young promising woman, la quale era pure candidata per la miglior regia.
Gli italiani sono tornati a casa a mani vuote, sono sfumati i sogni di Massimo Cantini Parrini e Dalia Colli con Francesco Pegoretti candidati rispettivamente per i costumi ed il trucco di Pinocchio di Matteo Garrone. Neanche Laura Pausini si è aggiudicata l’Oscar per la migliore canzone con Io si dal film La vita davanti a sè di Edoardo Ponti; lei, però almeno può consolarsi per il Golden Globe vinto il 28 Febbraio scorso.
Calato il sipario sul palcoscenico del Dolby Theatre per questa inusuale edizione della Notte degli Oscar, la macchina riparte: il ciclo ricomincia con la speranza che la prossima cerimonia sia finalmente covid-fee.
Werner Altomare